LETTERA OMAGGIO di L. Dalmonego _ 3 Maggio 2006

2 giugno 2006 ..... cento anni fa….da ogni lato avrebbe potuto sbocciare il fiore della vita …. a Venezia è sbocciato ….. Venezia piena di luci e di ombre, libro fantastico di memorie, oscillante, col suo dormire dolcemen­te si apre ad un bimbo abbandonato alle figure e ai colori dei giochi. Venezia si concede a quel bimbo in un completo canto d'amore, come una grande mamma, comunica a Carlo affetti, emozioni, suoni, silenzi pieni di voci del passato aiutandolo a crescere alla vita dell'immaginario .... Venezia, teatro eloquente, guardare e farsi guardare, mobilità riflessa nelle acque, luogo di reale conoscenza del vivere, di riti, di sensi, di significati, porto di partenza e di arrivo, mai quieta. Venezia, Vicenza, Rio Marin, Asolo, Europa, America, Giappone, la Scuola, il disegno, Murano, i maestri Vetrai, l'Architettura, la Biennale, i suoi rapporti con l'arte, il rispetto per l'arte e la poesia di altri. Progettazione di campi d'immagine: restituzione di valori autentici di vita passata attraverso un linguaggio lirico, pieno di squarci improvvisi, diaframmi tra­sparenti, luminosi, un colloquio intimo tra Carlo e l'opera esposta: un vivere insieme. Carlo ha visitato e rivisitato la storia in folgoranti sequenze spaziali, vi­de le figure del passato come in un carosello riflesso da un sogno; sono i suoi itinerari di vita, i suoi luoghi, il suo paesaggio: l'aria, l'acqua, la terra, i materiali, il legno, le pietre, gli stucchi, la manualità ..... un albero, un albero antico, un proprio albero, una sedia per fermarsi un giorno, un qualsiasi giorno a leggere, a leggere e forse no ..... "Voglio vedere le cose, non mi fido che di questo ….. perciò disegno, posso vedere le cose solo se le disegno ". Carlo si affida al disegno, con impegno e audacia sincera, per rappresentare la sua Architettura scritta in nobili intrecci, in romantici racconti alimentati da ritmi incalzanti, scatti di estro pieni di perplessità, di rimandi, una tempesta di esitazioni e sospensioni. La sua Architettura è una architettura frammentaria, non lineare, ma colta aristocratica, ammirevole che prende forma dal vento delle idee, rinforzata dal calore della poesia, dalla tensione del pensiero. Affilava la matita con cura, preparava il cartoncino, si preparava al progetto come un attore non desiderava smarrirsi, si creava condizioni di pace e serenità. Un atto creativo richiede il massimo silenzio, la minima

Lampadario Venini design Carlo Scarpa

 

loquacità, Carlo cercava con meticolosità uno stato d'animo di disponibilità, quasi uno stato solenne. Ci sono momenti di forte emarginazione, di scontri, di isolamenti intellettuali, di processi traumatici, non rimane che rinunciare ....... un albero, una sedia, un albero .... La sua presenza nella bottega dei vetrai muranesi (Cappellin*Venini), dove ancora si riesce a coniugare manualità raffinata e fervida formalità, esercitano in Carlo un fascino indescrivibili passando ore ed ore in ricerche, provando e riprovando soluzioni tecniche innovative tali da risal­tarne maggiormente la nobile materia. Collabora assiduamente con la Venini, disegnando e forgiando vetri di inusitata bellezza. In quei vetri, in quelle murrine, in quei soffiati, paste vitree unite, saldate, sigillate, filigrane accostate e intrecciate, un susseguirsi di colori e di emozioni: l'incanto fissato per sempre dei so­gni e delle illusioni di un grande poeta. Non si può parlare di Carlo come di un designer nel vero senso del termine, i suoi prodotti così ricchi di poetica, di particolari sfumature, di alta qualità da rendere gli stessi pezzi unici, vanno aldilà dei costi tipici della cultura industriale. Designer anomalo, ma altrettanto suggestivo e signi­ficativo. Disegnatore instancabile, ossessivo nel particolare, lo troviamo presente nelle posate per la Reed & Barton e successivamente in quelle per Cleto Munari, dove la luce e leggere ombre scivolano languidamente percorrendone la forma. Si chiamerà "Zibaldone" il modulo libreria disegnato per la Berini di Carate Brianza: realiz­zata nel nostro caldo noce o in legno wengé dalle gradazioni raffinate del grigio. Ha come particolarità lo scorrimento verticale dei vetri, dovuto ad un sistema di saliscendi silenzioso. La sedie "1934", la scaffalatura "1935" sempre per la Bernini non sono altro che iniziali premesse e presenze di Carlo nell'Industriai Design italiano. Per la Simon*Gavina il rapporto con Carlo nasce dalla iniziativa di Dino Gavina di finalizzare l'attività progettuale di Scarpa alla produzione di serie. Nascono così, in successione, i tavoli Doge, Valmarana, Orseolo, Delfi progettato con M. Breuer, e poltrone e divani della serie Corsaro. Il Doge, derivante da una precedente esperienza, merita una piccola attenzione, questo tavolo è un gioiello di architettura, forma che si apre e si chiude, una linea che sente il valore delle masse in movimento, struttura sempre in tensione dove fondamentale è il gioco del chiaroscuro. Il Doge, realizzato in piatto d'acciaio satinato, ha forma salda, equilibrata ed armonica ..... questo appartiene a tutti .... l'alta e limpida architettura di Carlo Scarpa liberata dal tempo è una dichiarazione eterna di un innamorato. Nel cimitero Brion, a San Vito d' Altivole (tv), Carlo ha voluto farci capire il senso unico della vita e della morte che non è morte ma è vita: Arcosolium, dentro questo candido uovo, dentro questa placenta famigliare si rivive il concetto di vita, ci si libera dai sentimenti del tempo che passa ed entriamo nell'assoluto. "è il solo dei miei lavori che vengo a vedere volentieri. Qui la natura è bella, un giardino: ci vengo spasso a meditare". Architettura eretta per commemorare se stessa, metafora monumentale della produzione scarpiana. . . . . . il seme che muore genera nuova vita ... acqua, aria, terra, dove la terra è di nessuno ed i frutti sono di tutti, .. un giorno, . .in oriente, .. un giorno un vento crudele ha intristito i petali di quel fiore. /

Luciano Dalmonego

Mobile 784 _ schizzo preparatorio

In testa: tovagliolo con "disegni rossi" scritto al contrario da Scarpa

Libreria Zibaldone _ Immagine di una fase di lavorazione del 1959

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