Produzione di CULTURA ARTIGIANALE

Gianfranco Frattini fa parte di un gruppo di architetti che iniziarono ad operare a Milano intorno al 1950. Pur avendo professionalmente percorso cammini diversi per tendenza e formazione, questi giovani furono tutti ugualmente impegnati e partecipi ai fermenti che interessarono la vita cittadina in quegli anni, nei suoi problemi economici sociali e culturali. Erano infatti, quelli, gli anni dell'affannosa ricostruzione post-bellica, che aveva fino allora concentrato su questioni di architettura e di urbanistica l'interesse degli architetti. Nelle città industriali dell'Italia settentrionale e soprattutto a Milano, andavano sviluppandosi parallelamente dei settori di produzione affiancati all’edilizia, ai quali cominciò a rivolgersi l'attenzione dei professionisti. Gianfranco Frattini iniziò allora la professione; era il tempo delle prime Triennali impegnate sui problemi collegati fra l’industrializzazione e la casa, e dell'inizio conseguente di reciproca collaborazione fra designers e produttori. I progettisti sentivano la necessità di interpretare il loro pensiero, per risolvere i problemi di una società in rinnovamento con mezzi più idonei di quelli che l'artigianato poteva loro offrire. Alcuni produttori cominciavano a comprendere che soltanto con un'organizzazione efficiente e moderna, e con una collaborazione ad alto livello, potevano prepararsi ad affrontare in futuro le richieste di mercato, che il mutare delle condizioni andava profondamente modificando. ” La realtà delle cose _ ci ha detto Frattini _ si dimostrò con il tempo diversa dalle prospettive di allora. Disegnare per la produzione in serie, in Italia, è difficile, poiché una serie ha delle necessità che raramente sono affrontabili in modo concreto e definitivo dal produttore e difficilmente sono comprese appieno dal progettista». Forse, in Italia, il sussistere di una radicatissima organizzazione artigianale vincolò troppo spesso i primi difficili passi delle industrie nascenti. In molti casi continuò a sopravvivere accanto ad esse e forse non senza ragione, perché in realtà né il pubblico né il mercato, sia per questioni economiche sia per ragioni di cultura era pronto, nel nostro paese, ad accettare e a comprendere questa realtà nuova. 

 

Paravento 835, Appendiabiti 840, libreria girevole 821, produzione Bernini by Frattini /

 

L'esperienza di Frattini, che ha dedicato molta parte della sua professione collaborando con alcuni fra i più noti produttori italiani nel settore dell'arredamento, è stata comunque per lui altamente formativa. Soprattutto oggi, osservando i suoi ultimi lavori di architettura di interni (pensati studiati e disegnati fino all'ultimo particolare), si comprende come abbia potuto approfondire la conoscenza concreta e reale di certi problemi nella loro essenza intima, strutturale e tecnologica. Soltanto un tirocinio lungo e paziente, ed un contatto realmente diretto con il produttore, potevano infatti consentire la sicurezza e la libertà d'espressione raggiunte con la materia trattata. Ma ritorniamo a Frattini, per il momento, nel suo lavoro di designer per la produzione di serie. Nei modelli da lui disegnati (sia i gruppi imbottiti, e la serie di mobili prodotta da Bernini) colpisce un fatto abbastanza insolito, nel prodotto tipico dell'industrial design.  Sono mobili, cioè, molto « disegnati » ; mobili che in un certo senso, più che rappresentare l'idea essenziale del mobile, interpretano « un certo tipo di mobile » per « un certo tipo di pubblico ». In altre parole: tutti sappiamo che un'automobile di serie, una macchina da scrivere, un interruttore elettrico, un bicchiere cilindrico, non sono fatti per un pubblico particolare, ma sono oggetti che hanno preso quella forma dipendentemente dalla funzione che li definisce e non dal pubblico al quale sono rivolti. Ogni vero prodotto: utensile, oggetto o arredo che sia, dovrebbe sempre avere una forma che ne rappresenti la sua stessa funzione. Da questa sintesi (che può arrivare ad espressioni simboliche di alto valore) si ha la genesi del prodotto di industriai design. Il designer, quindi, pensa all'oggetto sintetizzandone la funzione, fino a tendere all'astrazione per quanto riguarda la sua forma. Si rivolge, cioè, con l'oggetto non a « un pubblico », ma « al pubblico». Il progettista, in Italia, anche nella progettazione di serie, disegna invece ancora per diversi gruppi abbastanza precisi di possibili acquirenti, disegna, cioè, per tante piccole «società», non per « una società». La presenza così evidente di queste isole di compratori, che bene o male sono pur sempre gli acquirenti ai quali il produttore si ri­volge, sono di ostacolo al raggiungimento di forme e di espressioni veramente libere, e svincolate da schemi che costringono molta della nostra produzione entro i limiti nazionali o addirittura regionali. L'artigianato e la produzione industriale confondono, noi pensiamo, ancora troppo spesso non soltanto i loro mezzi per la produzione, ma anche lo spirito che la informa. Se però vogliamo analizzare la produzione considerando i modelli da un punto di vista qualitativo, riaffiorano allora quelle qualità umane, quel rapporto uomo-natura, quell'antico retaggio semplice e civile che fa di ogni cosa lungamente pensata e amorosamente manipolata un fatto essenziale e in un certo senso unico che trova ancor oggi in Italia la possibilità, rara e difficile altrove, di dar frutti di alta qualità. I rapporti che Frattini ha avuto coi produttori, non sono stati quelli di un designer che disegna un pezzo e lo affida a un produttore (questo o quello) che glielo metta in produzione; ma sono stati dei rapporti di reciproca conoscenza, di reciproca scelta, che hanno dato come risultato del dialogo i modelli progettati ed eseguiti. La conclusione è che alcuni allestimenti di Frattini, fra i più significanti, hanno potuto essere eseguiti cosi come lo sono stati, proprio da quei produttori per i quali Frattini disegna i suoi pezzi per la serie. Questi produttori infatti, sapevano fornire i mezzi tecnici che occorrevano all'architetto, con i risultati che un esame agli ultimi più impegnati lavori di allestimento, possono ampiamente confermare. 

Fonte: Redazionale a cura di Giuliana Gramigna sulla rivista Ottagono

Letto 854 anno 1969, produzione Bernini /

Schizzo scrittoio 804, produzione Bernini /

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